Un team multidisciplinare di ricercatori ENEA ha messo a punto una metodologia innovativa che consente di prevedere intensità e percorso dei “fiumi di fango”, un tipo di frana dagli effetti particolarmente catastrofici, e individuare aree e infrastrutture a rischio. La novità della metodologia sta in un approccio basato sull’incrocio di dati geografici, storici e territoriali, ma anche su studi sul campo realizzati in occasione delle frane di Messina |
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e su test di mitigazione del rischio realizzati in Afghanistan (1) con finanziamenti della Banca Mondiale.
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Il metodo adottato dall’ENEA ha due livelli di approfondimento: a livello nazionale vengono individuati distinti livelli di suscettibilità per distinte tipologie di fenomeni franosi quali frane a lenta evoluzione, come le grandi colate di argilla tipiche del centro nord Italia o della Basilicata; frane a rapida evoluzione, vale a dire i crolli di massi di roccia da pareti verticali; frane superficiali a rapida evoluzione, i cosiddetti “fiumi di fango”. A livello locale e con particolare riferimento alle frane superficiali a rapida evoluzione, alle quali è imputabile il maggior numero di vittime e di danni - come accaduto nel 1998 nell’area di Sarno (Salerno) e nel 2007 e 2009 in provincia di Messina - vengono stimate le aree di possibile propagazione del fenomeno e le energie connesse. Incrociando tali carte di pericolosità con le quelle di uso del suolo è possibile individuare le aree e infrastrutture maggiormente a rischio. |
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“Posizione geografica e anni di degrado ambientale rendono l’Afghanistan un Paese molto incline a pericoli naturali particolarmente intensi e ricorrenti come inondazioni, terremoti, valanghe, frane e siccità. Nell’ambito dello studio finanziato dalla Banca Mondiale è emerso che il 70% del territorio afghano è soggetto a rischio frana. Nel 2014 vaste aree del Paese sono state colpite da disastri naturali che hanno provocato il più alto numero di morti al mondo per questo tipo di fenomeno secondo i dati dell'ultimo decennio”, conclude Puglisi.
Per maggiori informazioni:
Claudio Puglisi, ENEA - Laboratorio Tecnologie per la DInamica delle Strutture e la PREVenzione del rischio sismico e idrogeologico, claudio.puglisi@enea.it
Maurizio Pollino, ENEA – Laboratorio Analisi e Protezione delle Infrastrutture Critiche, maurizio.pollino@enea.it
Repertorio video è disponibile su richiesta a ufficiostampa@enea.it
[1] Oltre a ENEA, hanno collaborato l’olandese Deltares (capofila), il Global Risk Forum di Davos (Svizzera), l’istituto tedesco Karlsruhe Institute of Technology (KIT) e l’azienda afghana Omran Geotechnical Company. I risultati sono stati pubblicati sul Report della Banca Mondiale “Afghanistan – Multi-Hazard Risk Assessment, Cost-Benefit Analysis, And Resilient Design Recommendations”. Link: https://www.gfdrr.org/en/publication/afghanistan-multi-hazard-risk-assessment