Storia e sviluppo
Nella storia dell’arte la prospettiva rappresenta il metodo in grado di dare una restituzione della terza dimensione. Attraverso tale tecnica è possibile riprodurre le esatte dimensioni e forme e la relativa collocazione spaziale di un oggetto. L’anamorfosi inverte tali principi. Dal greco ἀναμόρϕωσις = ana + morfosis, ossia formaricomposta, essa consiste in un tipo di deformazione proprio di immagini, architetture ed oggetti, per il quale l’aspetto degli stessi cambia a seconda del punto di vista dell’osservatore. In questo caso, è necessario che il punto di osservazione sia inclinato rispetto al piano così da permettere la visione corretta dell’immagine.
Originariamente l’anamorfosi era considerata una metodologia geometrica sconosciuta ai più e per questo veniva vista come una dottrina magica, materia incomprensibile praticata da stregoni e incantatori. Tuttavia, destava l’interesse della maggior parte di coloro che ne venivano a conoscenza. Per questo motivo, con il trascorrere degli anni, vennero intrapresi numerosi studi volti ad approfondire questa particolare tecnica di inversione delle regole prospettiche. Si iniziò ad approfondire il mondo della rappresentazione e a comprendere la contraddittorietà tra lo spazio reale e la sua restituzione visiva. Si sviluppò progressivamente la consapevolezza che la
riproduzione della realtà fosse fortemente condizionata dalla mente e dalla razionalità di colui che la elaborava. I primi cenni storici scritti sull’anamorfosi si riscontrano nel Codice Atlantico di Leonardo, in cui, attraverso il ritratto distorto di un bambino, viene esplicata la capacità di tale tecnica “alternativa” di destare stupore nell’osservatore grazie ai suoi effetti bizzarri.
Tuttavia l’epoca “d’oro” di questo fenomeno si ebbe con il XVI e il XVII Secolo, quando vennero sviluppati i primi studi scientifici sul tema. Infatti, nel periodo che comprende il Rinascimento ed il Barocco, si registra l’interesse crescente per la prospettiva inversa e per l’anamorfismo. In arte,il primo esempio di anamorfosi si può individuare nel quadro “Gli Ambasciatori” risalente al 1533, opera del pittore tedesco Hans Holbein. Nella parte sottostante è possibile osservare uno strano oggetto allungato simile ad un osso di seppia. La comprensione del dipinto in cui in realtà è rappresentato un teschio, si può ottenere solo qualora ci si ponga in basso a destra rispetto allo stesso. È a partire da questo momento che si fa strada il concetto di scoperta improvvisa, di stupore che conduce all’autentica essenza delle cose rappresentate ed osservate. Si tratta di un processo che guida alla comprensione dello spazio come base sulla quale costruire e riprodurre il reale. La deformazione viene così studiata come potenziale scoperta della forma nascosta e mezzo attraverso il quale distinguere lo spazio sensibile da quello reale.
Trucchi di illusione ottica
Sin dall’antichità si manifestò la volontà di rappresentare la realtà in maniera più puntuale possibile. Ne sono un esempio gli affreschi sulle mura dei primi insediamenti preistorici, le riproduzioni stilizzate all’interno delle tombe e dei templi dell’antico Egitto e a seguire le opere pittoriche dei popoli del mediterraneo che furono i primi a sperimentare la tecnica dello “sfondato illusionistico”. È con il trascorrere dei secoli che lo sviluppo dell’architettura e dei suoi elementi fondanti, comportò una maggiore consapevolezza del cambiamento e il desiderio di riprodurre i particolari costruttivi di manufatti sempre più complessi. L’idea che si diffonde è quella di ricreare l’elemento in modo fedele a quello reale al punto tale che l’osservatore venga ingannato sull’effettiva concretezza dello stesso. Una delle tecniche più riuscite in tale intento è rappresentata dal trompe l’oeil. Si tratta di un genere pittorico diffusosi a partire dal XVII Secolo e, come si può dedurre dalla denominazione “inganna l’occhio”, è finalizzato a creare effetti di illusione ottica. Negli ambienti interni di dimore e palazzi infatti, venivano riprodotte scene dentro finte finestre e cornici, dipinte con grande maestria e dall’aspetto realistico. Il duplice scopo era quello di rendere più ampi gli spazi grazie all’uso della prospettiva e donare tridimensionalità a ciò che in realtà non lo era, attraverso il gioco dei chiaroscuri. È così che vengono superati i limiti materiali degli elementi architettonici e creati spazi illusori in grado di confondere la dimensione reale con quella semplicemente rappresentata sul piano dell’osservatore.

Giotto - Sfondato prospettico del Coretto sinistro all’interno della Cappella degli Scrovegni a Padova
Ma il XVI e XVII Secolo vennero caratterizzati da altre sperimentazioni in campo prospettico che originarono le tecniche alternative della prospettiva accelerata, rallentata e dell’anamorfosi. Tali metodi si differenziano tra loro poiché mentre i primi due alterano l’ordine naturale senza negarlo, il terzo lo annienta in favore di regole a sé stanti. Si tratta di un approccio completamente nuovo secondo il quale l’uniformità è ottenuta dalla deformità e la stabilità dallo squilibrio. È in questo periodo che, tramite tali stratagemmi, è possibile ingannare l’occhio dell’osservatore che trovandosi in un medesimo ambiente, può averne una restituzione differente ed opposta. Spazi resi più profondi grazie all’impiego di pareti laterali molto convergenti ed una linea d’orizzonte innalzata o al contrario stanze che appaiono meno profonde, a causa dell’uso di pareti laterali divergenti. Si tratta rispettivamente dell’applicazione della prospettiva accelerata e rallentata. La terza tecnica di cui andremo a parlare è rappresentata dall’anamorfosi che si differenzia totalmente dall’arte prospettica. Secondo quest’ultima, l’osservatore doveva collocarsi su un piano parallelo rispetto alla rappresentazione, cosicché la visuale sarebbe risultata perfettamente perpendicolare all’oggetto in esame.
Inoltre, la posizione non doveva essere troppo ravvicinata al punto di fuga. Contrariamente a quanto detto, l’anamorfosi prevede che l’osservatore si ponga in posizione laterale rispetto all’oggetto in esame e molto vicino rispetto al punto di fuga, in modo che il raggio visivo assuma conformazione obliqua. Secondo tale procedimento, l’oggetto appare distorto se osservato in posizione frontale ma corretto e riconoscibile se osservato in posizione obliqua rispetto al piano. È quindi immediato comprendere come questo periodo sia stato caratterizzato da una vera e propria rivoluzione delle leggi prospettiche in favore di nuove e bizzarre metodologie rappresentative.
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