La progettazione di una piscina sportiva ad uso collettivo, non può prescindere dalla normativa specifica nazionale e regionale.
La fruibilità e l'agibilità delle strutture sportive collettive per la pratica del nuoto e delle altre discipline acquatiche sono regolate da norme internazionali dettate dalle rispettive Federazioni, dalla legislazione nazionale, dall'attività di coordinamento e controllo del CONI, dalle norme UNI, nonché dalle prescrizioni del Ministero dell'Interno in materia di sicurezza in presenza di pubblico (norme contro la "violenza negli stadi").
A queste si aggiungono, o si dovrebbero aggiungere, le normative regionali alle quali sono demandate le sanzioni in caso di inadempienza, ma il panorama italiano, anche in questo segmento risulta piuttosto frammentario.
Tuttavia già le norme dettate dall'UNI con la partecipazione del CONI per gli impianti sportivi (in particolare la UNI 10637), definiscono un quadro alquanto dettagliato, molto più che nel caso di altri impianti pubblici che godono di maggior flessibilità.
Un primo spunto in materia, specifico per le piscine, deriva dal DM Sanità 11 luglio 1991 - Atto di intesa tra Stato e regioni relativo agli aspetti igienico-sanitari concernenti la costruzione, la manutenzione e la vigilanza delle piscine ad uso natatorio.
Non è certo l’atto più recente (anzi è stato sospeso nel 1993 e poi rivisto dalla CONFERENZA STATO REGIONI SEDUTA DEL 16 gennaio 2003 - Accordo tra il Ministro della salute, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano relativo agli aspetti igienico-sanitari per la costruzione, la manutenzione e la vigilanza delle piscine a uso natatorio), ma è un ottimo primo spunto per stimolare la sensibilità progettuale verso questo tipo di impianto sportivo.
Tralasciamo le vasche scoperte e ci focalizziamo sulle piscine di categoria A1, di uso pubblico, coperte, di tipo misto e di tipo convertibile, ossia di quelle che possono funzionare non solo d’estate e in cui sono necessari impianti di riscaldamento e di aerazione.
Saccheggiando il comma 7 dell’art. 3 del Decreto del 1991, facciamo riferimento all’impianto sportivo per il nuoto razionalmente collegato, con adeguati servizi di trasporto pubblico, al relativo bacino di utenza ed in particolare alle scuole, alle zone residenziali ed eventuali altri centri sportivi presenti sul territorio interessato.
Nel comma 4 dell’art. 2 si definiscono le tipologie di vasche. Sempre nel rispetto delle norme della Federazione Italiana Nuoto (FIN) e della Fèdèration Internationale de Natation Amateur (FINA) vigenti, le vasche vengono suddivise in base al loro utilizzo e tra gli aspetti più importanti segnaliamo:
per quanto concerne le vasche agonistiche, profondità minima m.1,10;
le vasche ricreative e di addestramento al nuoto, idonee per il gioco, la balneazione, ecc., profondità massima m.1,10 per almeno 1/3 della superficie della vasca;
le vasche per la balneazione dei bambini, profondità massima di m.0,60;
le vasche polifunzionali consentono l'uso contemporaneo per attività differenti, oppure hanno requisiti di convertibilità che le rendono idonee ad usi diversi;
i requisiti delle vasche per tuffi ed attività subacquee dipendono dal livello di prestazioni per le quali sono destinate;
le piscine destinate ad usi curativi e termali o riabilitativi non possono essere utilizzate anche per attività ricreative, formative o sportive e le attività vanno svolte sotto il controllo sanitario specialistico.
Da ciò si evince che quando si va in piscina alle terme, per starsene spaparanzati in tiepido ammollo, si è in una vasca a uso ricreativo e non curativo, dove è comunque consigliabile non nuotare più di tanto, per non collassare dal caldo. Anche per questo motivo, di solito tali vasche hanno forme non rettangolari, ma polilobate, con gradinate di accesso, idromassaggi, giochi d’acqua e altri simpatici ammennicoli goderecci.
Non è importante se la piscina è pubblica o privata, quel che conta è se è di uso pubblico o privato. In questo caso ci interessano gli impianti natatori di uso pubblico.
Ultima distinzione al comma 5, sempre dell’art. 2: piscine di uso pubblico e piscine di uso privato. Di norma le piscine sono di uso pubblico; sono di uso privato quelle piscine facenti parte di unità abitative mono o bifamiliari il cui uso, sotto la responsabilità del proprietario o dei proprietari congiuntamente, sia limitato ai componenti della famiglia ed ai loro ospiti.
Anche se nella Conferenza del 2003 si è passati dalle mono e bi-familiari al condominio, sembra abbastanza evidente che in questo caso l’accento non si ponga su forma, profondità, o funzione, ma su chi risponde in caso di guai. Va da sé che si va a nuotare in una piscina ad uso pubblico (che potrebbe essere anche quella di un residence, un albergo, un campeggio), ci deve essere sempre qualcuno sul piano vasca a controllare. Di norma si tratta di assistenti bagnanti e istruttori di nuoto, senza di loro le vasche dovrebbero restare vuote. Sono solo alcuni degli addetti al corretto funzionamento dell’impianto, sono dei lavoratori e ai fini progettuali bisogna tenerne conto, soprattutto in termini di servizi, spogliatoi e accessi al piano vasca, che dovrebbero essere distinti da quelli riservati a praticanti e atleti.
L’art.4, oltre a rimandare agli allegati specifici, pone particolare attenzione alla distinzione degli spazi e dei percorsi, con scarse possibilità di ibridazione e con assoluto divieto di qualsiasi barriera architettonica.
Altre due cose interessanti le troviamo nell’art.5: la figura dell’addetto agli impianti tecnologici, che in qualche modo ci dice che questo è un ambito specializzato quasi a sé stante, appaltabile a ditte esterne specializzate, e la presenza del locale per il primo soccorso (in precedenza viene citata anche la garanzia di accessibilità dei mezzi di soccorso all’impianto). Sono due aspetti molto diversi che hanno una caratteristica in comune: la pericolosità dei danni peggiori che si possono verificare all’interno dell'impianto natatorio, danni che possono derivare da cattivo funzionamento, progettazione non attenta, o incuria. Ovviamente la parte dove possiamo renderci utili è quella della progettazione.
L’art. 7 dice una cosa piuttosto interessante (o perniciosa) per il progettista, è lì fra le righe che passa quasi inosservata: La disinfezione (quotidiana) in queste aree dovrà estendersi anche alle superfici verticali. Le aree in questione sarebbero quelle per le attività natatorie e di balneazione e nei servizi igienici. Gli ultimi non preoccupano, ma le pareti verticali del piano vasca sono spesso piuttosto alte e impegnative da pulire. Anche se non la si vuol prendere proprio alla lettera, è bene pensare ad una certa facilità di pulizia periodica di pareti e vetrate, nonché agli ambienti di deposito delle relative attrezzature, con percorsi di accesso al piano vasca sufficientemente comodi.
Proseguendo negli allegati del decreto la norma si fa ancora più stringente. Come in altri casi, precetti e standard minimi non vanno intesi come limitazioni, ma come spunti utili alla progettazione degli spazi.
Certamente misure e limiti vanno rispettati, ma ne va anche colto il senso generale per porsi in una corretta ottica progettuale che possa far meglio che rispettare solo le singole misure.
Riportiamo alcune delle prescrizioni presenti negli allegati del decreto con l'intento di favorire un approccio attento e consapevole alla progettazione di questi particolari impianti sportivi nei quali sembra che non ci sia proprio nulla che possa essere lasciato al caso, perché qui il caso è quasi sinonimo di rischio.
… consentire un facile controllo visivo di tutte le parti del bacino al personale di vigilanza;
le acque di lavaggio del bordo vasca non debbono defluire nei canali sfioratori delle vasche;
debbono essere previsti spazi piani privi di ostacoli transitabili lungo tutto il perimetro della vasca (banchine perimetrali) di larghezza non inferiore in ogni punto a m.2,00;
nelle zone perimetrali delle vasche deve essere calcolato almeno un beverino di acqua potabile;
prevedere spazi comunque distribuiti ma direttamente connessi allo specchio d'acqua tali da consentire la sosta dei frequentatori … nelle piscine coperte … dimensionati in ragione di almeno 0,6 volte la superficie dello specchio d'acqua.
Gli spazi perimetrali intorno alla vasca e quelli direttamente connessi alle attività natatorie e di balneazione debbono essere delimitati da un elemento di separazione invalicabile dalle zone limitrofe.
L'altezza del vano vasca, misurata dal pelo libero dell'acqua, dovrà risultare non inferiore in ogni punto a m.3,50.
Anche negli spogliatoi sono vietate sporgenze e spigoli vivi che possono costituire pericolo per l'incolumità dei frequentatori e del personale addetto; particolare accortezza dovrà essere posta nella scelta e nella collocazione degli apparecchi e degli accessori (corpi scaldanti, prese d'acqua, prese elettriche, maniglie, ecc.).
… gli spogliatoi debbono costituire l'elemento di separazione tra il percorso a piedi calzati ed il percorso a piedi nudi.
Il deposito degli attrezzi da usare in vasca deve essere direttamente accessibile dall'ambiente vasca.
Il locale adibito a primo soccorso deve essere chiaramente segnalato ed agevolmente accessibile dalla vasca e deve consentire la rapida e facile comunicazione con l'esterno attraverso percorsi agibili anche con l'impiego di lettighe.
Per le piscine coperte, nella sezione delle attività natatorie e di balneazione, la temperatura dell'aria dovrà risultare non inferiore alla temperatura dell'acqua in vasca.
L'umidità relativa dell'aria non dovrà superare in nessun caso il valore limite del 70%. La velocità dell'aria in corrispondenza delle zone utilizzate dai frequentatori non dovrà risultare superiore a 0,15 m/s e dovrà assicurarsi un ricambio di aria esterna di almeno 20 mc/h per metro quadrato di vasca.
Nelle altre zone destinate ai frequentatori (spogliatoi, servizi igienici, pronto soccorso) la temperatura dell'aria dovrà risultare non inferiore a 24° C, assicurando un ricambio dell'aria non inferiore a 4 volumi/h.
… il livello di illuminamento sul piano del calpestio e sullo specchio d'acqua non deve essere in nessun punto inferiore a 150 lux.
In tutti gli ambienti illuminati naturalmente dovrà essere assicurato un fattore medio di luce diurna non inferiore al 2%.
Nella sezione delle attività natatorie e di balneazione delle piscine coperte, il tempo di riverberazione non dovrà in nessun punto essere superiore a 1,6 secondi. Il livello di rumore
generato dagli impianti e da altre sorgenti installate non deve superare il limite di 50 dBA commisurato come livello massimo ambientale.
Un altro testo importante al quale fare riferimento sono le NORME CONI PER L'IMPIANTISTICA SPORTIVA - Approvate con deliberazione del Consiglio Nazionale del CONI n. 1379 del 25 giugno 2008.
In particolare segnaliamo l’art. 6.3 per le aree di sosta, l’art. 7 per le altezze degli spazi sui piani vasca, l’illuminazione, l’orientamento e l’attenzione dedicata alla possibilità di abbagliamento da illuminazione artificiale, la ventilazione, temperatura e umidità relativa, con riferimenti alle tabelle specifiche e alla norma UNI EN 12193. L’art. 7.13 pone l’attenzione sui percorsi tra gli spazi di attività ed i magazzini delle attrezzature per pulizia, manutenzione, allestimento, ecc. che dovranno essere il più possibile brevi e privi di dislivelli.