Come per i fiocchi di neve, gli individui e altri prodotti della Natura, non è possibile trovare due pezzi di legno perfettamente identici. Forse è anche per questa peculiarità che gli edifici in legno di solito ci danno una maggior sensazione di calore, ci fanno sentire più in sintonia con l’ambiente, come se riconoscessimo in essi un qualcosa di vivo e familiare che ci racconta di una relazione intrinseca tra natura e ambiente costruito.
La struttura delle costruzioni del futuro sarà fatta dello stesso materiale delle palafitte preistoriche: il legno. Nuovi grattacieli e grandi edifici residenziali in legno aiuteranno a ridurre le emissioni di gas serra, rispondendo alla domanda abitativa delle metropoli dei prossimi venti anni.
In Italia siamo abituati a pensare alle case in legno in termini di baite, cottage, bungalow o poco più. Edifici comunque bassi, solitamente in un ambiente bucolico o che in ogni caso non hanno a che fare con il contesto urbano. Oppure usiamo il legno per le coperture e il lamellare per palazzetti dello sport, piscine e altre ampie superfici coperte. Diversamente ci possono venire in mente i quartieri residenziali di villette unifamiliari degli Stati Uniti, quelli che vediamo nei film. Ma siamo sempre fuori città e con un largo consumo di suolo.
Gli Italiani sono affezionati al mattone e nelle grandi città gli edifici hanno più piani, quindi non potrebbero essere costruiti con una struttura in legno.
L’architetto canadese Michael Green ha spiegato durante un TED Talks del 2013 che invece si può, offrendo una visione tanto avveniristica, quanto semplice e confortata da dati che lasciano poco spazio all’interpretazione. Proviamo a riprendere il suo discorso e a calarlo nella realtà italiana.
Nelle città oggi vive circa la metà della popolazione mondiale e si prevede che nei prossimi 20 anni questa quota salirà al 75%.
Si stima che 3 miliardi di persone nel mondo nei prossimi 20 anni avranno bisogno di una nuova casa, molto probabilmente in città, anzi proprio in quelle metropoli che già oggi ospitano 1 miliardo di persone nei loro quartieri più poveri e degradati, più altri milioni di senzatetto. Considerando che lo spazio urbano sarà sempre più ridotto, sempre più costoso e che bisognerà in qualche modo trovare una casa a così tante persone, difficilmente gli edifici si abbasseranno, quindi non saranno edifici di legno.
Poco male, abbiamo l’acciaio, il cemento e i mattoni, possiamo costruire come abbiamo fatto fino ad oggi.
Uno dei problemi è che la produzione di questi materiali comporta un'elevata emissione di anidride carbonica, in parte dovuta al passaggio per un forno a temperatura più o meno alta. Già oggi acciaio e cemento contribuiscono alla produzione di gas serra per l'8%.
Se pensiamo alla necessaria riduzione dell'anidride carbonica e all'innalzamento della temperatura dovuto ai gas serra, lo scenario di incremento demografico urbano descritto appare decisamente cupo. Già ora gli edifici e il loro normale funzionamento sono responsabili di circa la metà dell'anidride carbonica prodotta, è chiaro che riuscire a limitare il loro impatto ha una grande valenza ambientale.
Non che sul fronte dei trasporti la situazione sia più rosea, però quando pensiamo all’inquinamento ci viene più facile associarlo alle macchine che alle case e questa è già una buona garanzia per non farci dimenticare che il traffico urbano è un problema. Forse per gli edifici questo tipo di associazione non è così immediata.