Galleria

M9 – Museo del Novecento – Mestre Venezia

Architetti Mathias Sauerbruch / Louisa Hutton

Fin dagli esordi, prima ancora di dar vita al concorso di architettura, il progetto per M9 -Museo del Novecento - si caratterizza per l'intento programmatico della costituzione di un polo museale integrato nel centro urbano di Mestre, una città che ha visto succedersi grandi trasformazioni del tessuto urbano e sociale nell'arco del '900 e con accanto la presenza "musealmente ingombrate" di Venezia.

Nei 50 anni tra il 1920 e il 1970 Mestre cambia completamente volto (non proprio in meglio), sotto le spinte espansionistiche di Porto Marghera e dei relativi fenomeni di urbanesimo, migrazione, boom edilizio.
Si concentrano in quello che prima era poco più di un paese le dinamiche tipiche di un capoluogo, tant’è che nel 1926 Mestre è già parte del Comune di Venezia, diventandone una sorta di periferia infrastrutturata non solo dal comparto industriale, ma anche da quello connettivo, prendendo in particolare considerazione l'aeroporto, lo snodo ferroviario e la tangenziale che collega (e spesso congestiona) il triveneto e l’Europa nord orientale al resto dell’Italia.
Mestre è in un certo senso un concentrato di tutte quelle dinamiche urbane, sociali, demografiche che sono alla base della narrazione e dell’operazione di memoria di M9.

M9 vuole essere fulcro di aggregazione e salotto della città, nonché fornire una riflessione sul trascorso del secolo breve, a partire dalle cose, dalla quotidianità, per guidare le trasformazioni prossime venture.
Oltre alla parola memoria, l'altra chiave di lettura di questa complessa iniziativa può essere rappresentata dalla parola integrazione.
Integrazione tra progetto del nuovo museo e recupero del contesto storico del Borgo delle Monache, tra iniziativa pubblica e privata per l'insediamento di attività commerciali atte a calare il polo museale nel contesto urbano del centro cittadino, tra multimedialità e riflessione storica.

Foto aerea M9 - Museo del Novecento - Mestre Venezia

Per capire se un edificio è stato fatto bene bisogna aspettare qualche anno, per vedere se saltano fuori infiltrazioni, muffe, crepe, etc.. Lo stesso vale per un progetto di ampio respiro nel centro della città, ovviamente con le dovute proporzioni. Quindi è forse ancora presto per sentenziare sulla riuscita o meno del programma M9 nel suo complesso.
La storia di M9 inizia nel 2005, più di 15 anni fa, l'Accordo di Programma tra Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Regione Veneto e il Comune di Venezia è di fine 2009, il concorso internazionale di architettura si conclude a metà del 2010, i lavori terminano con l'inaugurazione del dicembre 2018. Circa un anno di attività e altrettanto di stop per Covid.

Ad oggi si può dire che l'operazione di riqualificazione urbana è pienamente riuscita, i manufatti del convento tardo cinquecentesco poi adibito ad usi militari e le attività commerciali insediate fanno ormai parte del passeggio e della vita attorno a Piazza Ferretto, assieme alle attività culturali e agli eventi che vi hanno luogo. Forse l'elemento che soffre di più è proprio il museo, la cui funzione e modalità di fruizione non è ancora stata metabolizzata da cittadini e turisti. Ma non si può certo dire che questo importante tassello di città non sia rinato.

Il museo in sé è inusuale, non contiene né quadri, né sculture famose o antiche che peraltro abbondano nella Venezia insulare. È una sorta di grande installazione interattiva e immersiva che vuole aiutare a rileggere e capire il secolo trascorso per riconoscere radici e valori dai quali non possiamo fuggire, né possiamo fare a meno.
Ci racconta da dove veniamo per fornire strumenti di memoria utili a capire dove stiamo andando. Non si va lì a dire wow, magnifico, né a snocciolare agli amici le proprie nozioni di storia dell'arte, si va a constatare, a giocare, a interagire con vari congegni e alla fine a riflettere, anche dopo esserne usciti.
Insomma, per come siamo abituati e per quanti ne abbiamo ad un tiro di schioppo, non è esattamente ciò che nell'immaginario collettivo si dice "museo".
É un museo etnografico di storia contemporanea concepito come espressione di cultura multimediale, architettura sostenibile, tecnologia, servizi per i cittadini, e forme innovative di commercio, come scrive Wikipedia.

Edutainment sarebbe la keyword più adatta a caratterizzarlo. Certamente non è l'unico nel suo genere, ma a Venezia di musei più o meno "tradizionali" ce ne sono una quarantina e a quelli di questo tipo non si è ancora abituati.
C’è poca fisicità, pochi oggetti, per lo più legati alla produzione di massa (macchine da scrivere, cucire, tv, walkman, etc.), non c’è una narrazione eroica, non si tratta di singole individualità, non ci sono autori di opere mirabili, nemmeno scheletri di bestioni estinti.
È una storia delle mille vicende insignificanti, banali, modeste, quelle passate sulla pelle dei nostri nonni e bisnonni, guerre mondiali incluse.

Oltre al museo, il progetto per il complesso polifunzionale M9 comprende spazi espositivi e di servizio alle attività culturali, alcune superfici commerciali e il recupero di un importante manufatto storico, l'antico convento tardo cinquecentesco, diventato caserma in età napoleonica e ormai abbandonato da tempo all’epoca del concorso. È parte del programma anche la demolizione di alcuni fabbricati appartenenti all’area militare. Il tutto per circa 9.000 metri quadrati di superficie.

Fondazione Venezia ha istituito nell’autunno 2008 una Commissione Tecnica presieduta da Francesco Dal Co per definire le modalità del concorso ad inviti e ha di seguito scelto per il concorso sei professionisti che avevano già dato prova di essere in grado di confrontarsi con realtà urbane complesse e recupero di preesistenze storiche, pervenendo ad esiti formali significativi per la riqualificazione del contesto.
Sei architetti riconosciuti a livello internazionale con cultura progettuale e provenienza diverse, in grado di rapportarsi con la committenza e le istituzioni della città in modo dialettico (link ai progetti di concorso): Massimo Carmassi (vedi articolo su Divisare), David Chipperfield (vedi articolo su Divisare), Pierre-Louis Faloci (vedi articolo su Archilovers), Luis Mansilla ed Emilio Tunon (vedi articolo su Archilovers), Eduardo Souto de Moura (vedi articolo su Divisare), Mathias Solier Sauerbruch e Louisa Hutton (vedi articolo su Divisare) che sono poi risultati i preferiti dalla giuria del concorso progettuale composta di sette membri.

Il programma del concorso (vedi immagini su Pinterest) svoltosi tra febbraio e giugno 2010 prevedeva la ristrutturazione del complesso conventuale per adibirlo ad attività commerciali e la struttura museale con un’altezza massima di 30 metri, 40.000 metri cubi fuori terra e una superficie lorda di almeno 8.000 metri quadrati, oltre agli interrati, più la ridefinizione complessiva dell’area e degli accessi.
Ai progettisti sono state fornite ricerche sulle più recenti strutture museali e i risultati delle analisi sui terreni e sulle preesistenze storiche con la relativa documentazione cartografica e fotografica, poi raccolte nel testo Il Borgo delle Muneghe di Mestre - Storia di un sito per la città.

Il progetto di Sauerbruch e Hutton, vincitore del concorso, realizzato, e ormai parte del contesto cittadino, punta su una volumetria integrata con l'impianto urbano di Mestre e su una rete pedonale che collega i nuovi spazi alle zone centrali della città, connettendo Piazza Ferretto a Via Cappuccina con un passaggio diagonale attraverso la ex caserma e una nuova piazzetta afferente al museo.
Il lotto viene così diviso in due triangoli, il più grande dei quali occupato dall'edificio museale. Le vetrine aperte nell'antico chiostro per i negozi vivacizzano il complesso  e lo collegano funzionalmente alla vicina Calle Legrenzi.

I nuovi volumi diagonali spiccano sul contesto rendendo ben percepibili i loro accessi.
Il particolare rivestimento policromo reinterpreta i colori del contesto storico in cui si inserisce (il cotto delle tegole, le tonalità degli intonaci, gli inserti lapidei) e rende i nuovi corpi di fabbrica più che riconoscibili. Il dialogo-contrasto tra gli involucri colorati e le porzioni di fabbricato in cemento a vista creano una dinamicità che vuole essere un’interpretazione dell’arte del Novecento, della velocità e del mito della macchina del Futurismo che tanta parte ha avuto nello sviluppo del secolo breve, dell’industria, della produzione di massa. Ma il tutto si inserisce nel contesto con continuità, in modo sostenibile, che sono invece i paradigmi di questo inizio di millennio, anticipando una delle chiavi di lettura del museo: la riflessione sul passato a guida del percorso futuro.
 

M9 Museo del '900
 

All’interno del museo, dall’ampio ingresso si raggiungono le zone delle installazioni permanenti attraverso una scalinata lunga circa 50 metri che offre spaccati sulle preesistenze storiche e sulla piazzetta sottostante.
La modularità della progettazione delle sale consente varie soluzioni di ripartizione degli ambienti, dalla sala unica alla successione di aule di circa 50 metri quadri.
I primi due piani sono dedicati all’installazione permanente, mentre il terzo alle mostre temporanee ed è illuminato da ampi lucernari che si annunciano già dalla scalinata e dagli spazi di distribuzione, staccandosi dagli ambienti più bui delle sale multimediali. Il piano più alto offre viste sulla città attraverso ampie vetrate e una terrazza.

Fonti principali
Donatella Calabi, Elena Svalduz - Il Borgo delle Muneghe di Mestre - Storia di un sito per la città, Fondazione di Venezia, Marsilio 2010
AA.VV. - M9 A new Museum for a new City, Fondazione di Venezia, Casabella, Electa, 2010 (academia.edu)
Cesare De Michelis (a cura di) - M9. Museo del '900>, Marsilio 2018
www.m9museum.it/
M9 - MUSEO DEL '900  Via Giovanni Pascoli 11
30171 Venezia Mestre

Autore: Claudio Mandelli