La pianificazione del paesaggio e del territorio

Principi generali e ambiti di intervento

Foto la pianificazione del paesaggio e del territorio

Articolo di

Categoria

Paesaggistica

Pubblicato il

29 Giugno 2023

I modelli di pianificazione del paesaggio da sempre si ispirano ai concetti antichi di governo del territorio; tali principi hanno come obiettivo la sopravvivenza del territorio ed il miglioramento della qualità della vita delle persone che ci abitano.

I principali scopi sono:

  • suddividere il territorio in modo da proteggere le risorse naturali, estetico-culturali produttive e razionalizzare il suo utilizzo;
  • migliorare la qualità di vita degli abitanti, attraverso opportunità di promozione sociale economica e culturale;
  • creare sviluppo attraverso l’interoperatività delle attività economiche e produttive;
  • salvaguardare I caratteri tradizionali il rispetto del passato per trasmetterlo alle generazioni future.
La pianificazione del paesaggio e del territorio Archweb
Foto: Victor Freitas su Pexels

Ambito di pianificazione

A seconda della tipologia di intervento che vogliamo effettuare, la pianificazione ed il controllo del territorio deve essere effettuato ad una opportuna scala di progettazione. Attualmente sono diversi gli strumenti normativi di pianificazione territoriale (PRG, Piani di fabbricazione) che favoriscono una gestione poco coordinata e che forniscono un’azione pianificatoria che si esplica all’interno dei confini amministrativi che non riflettono appieno le realtà fisico-culturali del territorio. Esse raramente tengono conto delle aggregazioni e dei caratteri propri del paesaggio.

L’Italia è una vasta area geografica che comprende numerosissimi tipi di paesaggio che derivano per lo più dall’interazione di differenti peculiarità di tipo naturale ed antropico.

Le definizioni delle unità territoriali omogenee devono derivare sia tenendo conto dell’aspetto legato ai caratteri del territorio, sia all’aspetto culturale che varia in base alla comunità che lo abita e dall’uso del territorio di cui ha bisogno per la crescita e sviluppo.

K. Sale propone, secondo Gilberto Oneto, di suddividere il territorio secondo studi avanzati di Landscape ecology e di bioregionalismo, definendo le “georegioni” che possono essere definite come unità organiche di paesaggio.

Le suddivisioni proposte tengono conto delle specifiche caratteristiche floreali e animali identificabili sulla base di caratteristiche fisiche come il corso dei fiumi, le vallate, le montagne.

Le aree omogenee definiscono un’area di intervento con specifici caratteri, il riferimento alla comunità umana che lo compone e che vive in un determinato territorio, lo studio della cultura, la struttura economica, le esigenze e le modalità di vita, condizionano l’utilizzo e la forma del territorio scaturita.

Ne deriva che ogni paesaggio è un complesso organismo dotato di ritmi e rapporti biologici propri. Ogni paesaggio è il risultato fisico e culturale della sovrapposizione nel tempo di innumerevoli componenti che per azione e origine differente producono situazioni sempre originale, facendo sì che il paesaggio diventi unico e irriproducibile (genis loci).

Per poter conoscere tali sovrapposizioni possiamo distinguere diverse necessità oggettive legate alle interazioni fisiche umane con il territorio stesso in relazione alla popolazione residente:

  • fisiche (rapporti spaziali del singolo e della collettività);
  • ideologiche (ovvero il diritto – dovere di vivere gli spazi di proprietà, costituisce il legame simbolico e fisico di una comunità che si insidia in un territorio, rendendo più stabili e forti i vincoli di connessione all’interno della comunità stessa);
  • storiche (linguaggi formali atti a soddisfare le necessità nel quale si identifica una specifica comunità);
  • specifiche (si tratta di esigenze legate a gruppi o singoli individui derivate da bisogni nuovi, non preventivamente ipotizzabili o derivanti da una cattiva pianificazione);
  • future (le esigenze derivanti da azioni che avranno esito in un tempo prossimo del quale possiamo/dobbiamo prevedere l’andamento e sviluppo).

Una particolare attenzione deve essere posta per quella porzione di cittadini che si trova temporaneamente in un luogo per ragioni di lavoro, di studio o turismo. La quantificazione dello spazio disponibile per la popolazione non residente e perciò in funzione delle caratteristiche specifiche di ogni porzione di territorio che avrà caratteristiche differenti ad esempio a seconda dello sviluppo ad esempio dei centri industriali, produttività o turismo.

Valenze locali ambientali ed autoctone

Le prime fonti sull’argomento si rifanno alla cultura del giardino occidentale nel Settecento e nell’Ottocento, in relazione alla moda dell’impatto di essenze esotiche. A seguito delle grandi esplorazioni geografiche in Europa si iniziano a sviluppare grandi orti botanici per catalogare, studiare e collezionare il maggior numero di assenze.

Il primo orto botanico è  quello di Padova del 1545, lo spirito di collezionismo e di raccolta è stato successivamente perseguito senza sosta nel 1658, dove il giardino botanico di Oxford contava circa 2000 piante diverse di cui solo 600 erano indigene delle isole britanniche.

Foto orto botanico antico di Padova
Foto dell’orto botanico di Padova – Fonte: Orto botanico antico (Padova)

In quest’ottica la costruzione dei giardini risente l’influenza per la vegetazione esotica che diventava elemento caratteristico del tempo. Tale influenza viene integrata nei cosiddetti parchi all’inglese che, per loro natura enfatizzati dei caratteri naturalistici del paesaggio locale. Solo i progettisti più sensibili propongono soluzioni formali naturali con un risvolto botanico che gettano le basi per un atteggiamento più ecologico.

La pianificazione del paesaggio e del territorio  foto Archweb 03
Foto: blenheimpalace.com

Nel 1716-1783 l’architetto del paesaggio Lancelot Brown detto Capability per il suo senso di “capire” il posto su cui intervenire, usava le piante come una struttura esclusivamente composta da sette essenze di cui cinque native e due acclimatizzate nel paesaggio all’inglese. In questo periodo si inizia sviluppare la sensibilità per il “genio del posto”, che solo decenni dopo grazie al tedesco Von Puckler-Muskau  che esorta a far piantare di regola soltanto alberi e cespugli indigeni, oppure perfettamente acclimatati, evitando del tutto le piante ornamentali esotiche. Von Puckler-Muskau, crede fermamente che anche in una natura idealizzata (progetto di giardino) vi è la necessità di mantenere i caratteri del paese e del clima in cui si trova il parco.

Photo Blenheimpalace Archweb
Foto: blenheimpalace.com

In quest’ottica si cerca di riscoprire i valori naturalistici dell’ambiente e garantire al giardino il suo inserimento nel paesaggio locale, ne deriva nei secoli successivi con l’evoluzione del concetto, una vera e propria disciplina legata a tre principi basilari:

  1. la progettazione paesaggistica cosiddetta “naturale”, collegata alla crescita della considerazione per la bellezza dei paesaggi spontanei e per le piante autoctone;
  2. l’importanza per i sistemi paesaggistici, caratterizzati da spazi aperti anche con corpi idrici;
  3. l’introduzione delle analisi sistematiche per lo studio delle risorse a supporto della progettazione e pianificazione paesaggistica responsabile. Per responsabile si intende lo studio delle serie di vegetazione locali che favoriscono lo sviluppo della flora a vantaggio delle risorse impiegate per la costruzione e mantenimento della stessa.

Uno dei primi progetti che propone l’utilizzo delle piante indigene è quello del Cimitero di Graceland del 1880.
Questa nuova disciplina trova il suo massimo sviluppo a Chicago grazie alla personalità di Henry Chandler Cowles che insegnò l’ecologia all’Università di Chicago.

Questo periodo vede confluire le professionalità di W.A. Miller, J. Jensen e Frank A. Waugh, cofondatore del Department of Landscape Architecture dell’università del Massachusetts, che fu il primo ad occuparsi di comunicazione e sistemazioni paesaggistiche.

Frederick Law Olmsted invece resta molto interessato ai sistemi paesaggistici urbani partiti da Chicago, che influenzarono Horace W. S. Cleveland (Minneapolis) e Charles Eliot (Boston) che conferivano la massima importanza ai parametri di tipo ecologico. Negli anni precedenti alla seconda guerra mondiale si sviluppano attività di interventi paesaggistici su base ecologica e diretti a una configurazione più tradizionale nella realizzazione di parchi e giardini.

Frank A. Waugh fu il primo professionista a fare da consulente al National Forest service, circa le sistemazioni viabilistiche e l’organizzazione di corsi istituzionali professionali di arredi stradali nei primi anni 30. Egli divenne il precursore della figura dell’architetto paesaggista intesa nel senso moderno, tra le numerose innovazioni ipotizza di continuo l’impiego esclusivo di piante indigene nelle sistemazioni stradali.

Foto di Gracelandcemetery
Foto: gracelandcemetery.org

I fenomeni di utilizzo indiscriminato del territorio, contrariamente a come si possa pensare, è riscontrabile non solo nell’epoca moderna ma anche nel passato, ad esempio nelle deforestazioni del bacino mediterraneo, piuttosto che episodi di degrado legati soprattutto al taglio indiscriminato delle foreste nel medioevo. La sensibilità al tema dell’ecologia incomincia nel XV e XVI secolo a seguito delle devastanti alluvioni in Valle padana, con conseguenti considerazioni di carattere cripto-ecologico.

In particolare nascono i principi del pensiero ecologico moderno di visione arcadica di Gilbert White (la coesistenza pacifica tra uomo e altri esseri viventi) e quella imperialista di Linneo (Ristabilire il dominio dell’uomo sulla natura attraverso l’esercizio della ragione e del duro lavoro).

I principi della pianificazione ecologica moderna che ricordano il concetto di salvaguardia del bene, nell’ottica del restauro e della conservazione proposta da Cesare Brandi, e che possiamo identificare nei principi proposti da Gilberto Oneto:

  • Principio di globalità o Inter casualità. Ovvero il territorio (paesaggio) viene concepito come un unico grande organismo vivente di caratteri biologici le cui forme percepibili derivano dalla sovrapposizione di molteplici componenti naturali e culturali.
  • Principio di autonomia ambientale. Implica il concetto di accettazione del paesaggio come soggetto, dove la pianificazione di esso comporta la valutazione e la verifica dei benefici economici di intervento in tale ottica la valutazione di impatto ambientale rappresenta una versione mirata di un preciso utilizzo di una porzione di territorio del processo di analisi. 
  • Principio di minimo dimensionamento e di reversibilità. Bisogna valutare con attenzione la necessità per evitare sovradimensionamenti di esigenze spaziali ingiustificate, inoltre ogni azione deve essere in grado di poter essere modificata a beneficio della salvaguardia del bene.
  • Principio di economicità. Ecologia economia per i tempi lunghi è alla base del concetto di intervento sul territorio.
  • Principio di rispetto della tradizione, ovvero il rispetto dei linguaggi locali in relazione al principio di economicità.
  • Principio di trasparenza e democraticità, mediante l’esecuzione di processi di analisi per la comprensione e la valutazione ottimale delle scelte di pianificazione.

Riferimenti

G. Oneto – Manuale di Pianificazione del paesaggio, Milano, il sole 24h, 1997
K. Sale – Le regioni della natura, Milano, Eleuthera, 1991
P. Picarolo – Spazi verdi pubblici e privati, Ulrico Hoelpi Milano, 1999
____________________

Christian G. L. Hirschfeld – Theorie de l’art des janrdins, lipsia, 1780
Hermann Furst Von Puckler-Muskau – Giardino e paesaggio, Milano Rizzoli, 1984
ortobotanicopd.it

Foto di copertina: Tien Vu su Pixabay

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