Il Bauhaus di Dessau
Storia, architettura e spirito di una rivoluzione moderna
Quando nel 1925 il Bauhaus fu costretto a lasciare Weimar per ragioni politiche, molti pensarono che la scuola fosse destinata a spegnersi. Invece quell’esilio forzato aprì le porte alla sua stagione più feconda. La città industriale di Dessau accolse Walter Gropius e la sua comunità artistica offrendo risorse, terreno e fiducia. Fu un’occasione perfetta per dare forma a un edificio che non fosse solo una sede.
Era un manifesto della nuova architettura. Gropius colse l’opportunità con entusiasmo e, nel giro di un solo anno, nel 1926, nacque uno degli edifici più iconici del Novecento.
Il complesso del Bauhaus a Dessau è l’incarnazione fisica del principio che guidava la scuola sin dalla sua fondazione: arte e tecnica, una nuova unità. Non c’è nulla di decorativo, nulla di superfluo.
Ogni volume, ogni materiale, ogni filo d’acciaio risponde a una funzione precisa. È questa chiarezza, questa onestà costruttiva, a rendere l’edificio ancora oggi così sorprendentemente attuale.
Gropius organizza l’edificio in corpi distinti ma connessi, ognuno con una funzione specifica:
- Aule e laboratori (Werkstätten)
- Amministrazione e servizi
- Scuola di Arti Applicate
- Indirizzo tecnico-professionale (Bauabteilung)
- Pensione studenti (Prellerhaus)
- Aula magna e teatro
La composizione è libera, priva di simmetrie tradizionali, e basata su assi funzionali e pasaggi visivi tra i volumi.
La prima cosa che colpisce, arrivando al Bauhaus, è la grande facciata vetrata dei laboratori.

È un curtain wall continuo, leggerissimo, quasi sospeso nel vuoto. All’epoca era qualcosa di inaudito.
La struttura portante è nascosta dietro, arretrata. Così la pelle di vetro può scorrere libera, senza interruzioni. Dentro e fuori si fondono in un gioco di trasparenze. Studenti e maestri diventano parte dell’architettura, e allo stesso tempo la città può vedere la vita creativa che scorre all’interno.
È un gesto di apertura, culturale prima ancora che formale. Diventerà poi un simbolo del Movimento Moderno e dell’International Style diffuso in tutto il mondo.
Il Bauhaus non è però un edificio monolitico. Gropius lo immagina come un organismo vivo composto da più corpi, ognuno con la propria identità ma legato agli altri da percorsi e connessioni.
I laboratori luminosissimi, l’ala delle aule più compatta e razionale, e la celebre pensione studenti (il Prellerhaus) con i suoi piccoli balconi privati: tutto è pensato per rispondere alle esigenze della vita comunitaria. Inoltre, vuole raccontare un’idea di architettura nuova, dinamica, asimmetrica, lontana dalla monumentalità tradizionale. Persino il volume sospeso che ospita gli uffici della direzione, quel ponte che collega amministrazione e laboratori, sembra suggerire che la scuola stessa fosse un luogo di attraversamenti continui, di dialoghi, di scambio.



La fotografia aerea è di Sergei Poletaev. Le foto dell’intero edificio e della facciata del Prellerhaus sono di Claudio Divizia. Fotografie disponibili su Depositphotos.com
All’interno del Bauhaus si respirava un’atmosfera unica. I laboratori erano il cuore pulsante della scuola. Qui pittori, designer, tipografi, ceramisti, fotografi e scenografi lavoravano fianco a fianco, contaminandosi e sperimentando senza confini disciplinari. Le serate nell’aula magna o nel teatro erano celebri. Performance, conferenze, danze, scenografie visionarie firmate da Oskar Schlemmer. Le stanze del Prellerhaus, piccole ma dotate di balconcino privato, ospitarono artisti destinati a diventare leggende — Paul Klee, Wassily Kandinsky, Josef Albers. Questo rendeva quel luogo una sorta di laboratorio creativo continuo, giorno e notte.
Tecnicamente, il complesso rappresentava una rottura radicale con l’edilizia tradizionale dell’epoca.
L’uso congiunto di vetro, acciaio e calcestruzzo armato non era solo una scelta estetica. Era un modo per mostrare la forza e la leggerezza dei materiali industriali. Gli infissi metallici, prodotti in parte nelle officine della scuola, riflettevano perfettamente l’idea che il Bauhaus non dovesse limitarsi a insegnare. Doveva anche progettare e produrre oggetti per la vita moderna.
Questo spirito si ritrova nelle creazioni dei suoi maestri, come le sedie in tubolare metallico di Marcel Breuer. Queste opere nacquero proprio negli anni di Dessau. Anche le sperimentazioni tipografiche di Moholy-Nagy ne fanno parte.
La storia del Bauhaus di Dessau, purtroppo, non fu lunga quanto meritava. Nel 1932, con l’avanzare del regime nazista, la scuola fu nuovamente costretta a chiudere. L’edificio sopravvisse a usi diversi, a danni bellici, a decenni difficili. Fu solo dopo la riunificazione tedesca che si avviò un attento restauro filologico, culminato nel riconoscimento UNESCO del 1996.
Oggi il Bauhaus ospita la Bauhaus Dessau Foundation, musei, laboratori, e residenze artistiche.
È un luogo che continua a vivere secondo gli stessi principi che lo hanno generato.
Guardarlo oggi significa vedere molto più di un edificio moderno ben conservato. Significa osservare la radice di quasi un secolo di architettura e design. La trasparenza del curtain wall, la libertà compositiva dei volumi, e la fusione tra arte e industria. Tutto ciò che ormai ci appare normale, in questo edificio era rivoluzione pura. Dessau non è solo la casa del Bauhaus. È il punto in cui la modernità ha preso forma. In cui la scuola di Gropius ha dimostrato che l’architettura può essere al tempo stesso funzionale e poetica, rigorosa e libera, tecnica e profondamente umana.
La foto di copertina è di Bernd Kröger su Depositphotos.com